Jego – la saga – La scoperta

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Chi cerca trova

 

 

Foresta

 

Camminavano affiancati, gli odori percepiti avevano il sapore dei ricordi, dei bei ricordi.
Yul e Jego erano comunque guardinghi, niente avrebbe potuto sorprenderli, Jego scrutava il sentiero appena abbozzato nel sottobosco, cercava le tagliole infidamente occultate e poste per catturare i suoi amici di cui solo Yul era rimasto; osservava il lupo con uno sguardo colmo di tristezza mista ad amore per il fratello di branco.
Con un gesto perentorio fermò Yul, prese un ramo e spostando alcune foglie portò alla luce le crudeli ganasce.
Con lo stesso ramo fece scattare la molla agendo sulla piattina di fermo, le fauci della tagliola si chiusero con un colpo secco sul ramo troncandolo a metà.
Mezzo lupo e lupo si guardarono negli occhi: non c’era bisogno di dire alcunché: si stavano avvicinando, il pericolo ora era raddoppiato, sicuramente da lì a poco avrebbero incontrato l’insediamento di persone responsabili della distruzione del branco.
Entrambi percepirono un rumore di passi, entrambi sparirono nella vegetazione lasciando libero il passaggio.
Due uomini si stavano avvicinando, rozzi, nerboruti e volgari, i loro abiti ne denunciavo anche la professione, uno un boscaiolo, l’altro un cacciatore.

 

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Il primo stava dicendo al secondo: “Mi è sembrato di aver sentito scattare la trappola, anche oggi avrai il tuo trofeo da offrire al signor Gamile”.

Il secondo imperturbabile rispose: “Le mie trappole funzionano sempre e prima o poi ci libereremo di tutte quelle bestiacce e il signor Gamile potrà dormire sonni tranquilli sapendo che i suoi armenti sono al sicuro e potrà anche far lavorare i suoi operai in tutta tranquillità mentre abbattono e spianano questa maledetta foresta. C’è bisogno di spazio per edificare una piccola cittadina in cui i locali di suo fratello porteranno benessere e sollievo ai lavoratori”.
Il primo sornione rispose con una smorfia laida e lubrica: “Sì proprio il benessere e il sollievo di essere derubati dei loro soldi che finiscono fra le cosce delle sue donnine e sui tavoli da gioco”.
L’altro replicò con una smorfia analoga: “Beh che c’è di male, tutti hanno il diritto di guadagnare e se ci sono degli imbecilli che il denaro te lo regalano perché non accettarlo?”.
“Già, proprio così!” fu la risposta che terminò in una risata a cui si aggiunse quella del cacciatore fiero di aver pronunciato una battuta di spirito.
Quello che i due non sapevano era che due paia di occhi li stavano osservando dall’improvvisato nascondiglio degli arbusti.
Alle parole del cacciatore Yul aveva rizzato il pelo e la coda iniziato a muoversi a scatti, segno che era pronto a balzare, solo la mano di Jego sul suo collo lo acquietò.
I due uomini, nel frattempo erano giunti in prossimità della tagliola e la guardavano esterrefatti: “Questa è bella” esclamò il cacciatore guardandosi intorno “Non è possibile che sia scattata da sola, ci vuole il peso di un lupo o di un animale abbastanza grosso da far scattare il dente”.
L’altro, raccogliendo il ramo spezzato lo mostrò aggiungendo: ”Qui abbiamo a che fare con un altro tipo di animale, uno che cammina su due gambe”.
Il cacciatore annuì: “Hai ragione, se lo acchiappo gli farò passare un brutto quarto d’ora” accucciandosi e accingendosi a riaprire la tagliola per farle compiere il suo sporco lavoro.
Non riuscì nel suo intento, due figure sbucate dal nulla, uno che sembrava un ragazzo e un lupo dal mantello grigio e pieno di cicatrici, erano davanti a lui e al boscaiolo che gli stava di fianco.
Immediatamente il cacciatore cercò di prendere l’arma che portava a tracolla, non ne ebbe il tempo, il lupo con un balzo gli azzannò il braccio spezzandogli l’ulna e il radio e nell’impeto dell’attacco lo fece cadere urlante tenendosi il braccio da cui zampillava un copioso flusso sanguigno, Yul, ricaduto sulle quattro zampe, era posizionato davanti a lui pronto ad azzannarlo alla gola e mettere così fine alla sua miserevole vita.
Il boscaiolo si mosse per aiutare il compagno, ma una mano d’acciaio gli strinse la gola, per quanto fosse forte grazie al suo lavoro, nemmeno con due mani riusciva a staccare quelle dita che lo stavano soffocando,  chi aveva davanti sembrava un ragazzo, gli occhi grigi erano freddi come l’acciaio e lo stavano fissando senza dire una parola, in quelle due lame il boscaiolo vide la sua morte e cercò di articolare una domanda con il poco fiato che gli restava: “Voi chi siete?” il suono era talmente rauco e a causa della stretta da riuscire quasi inintelligibile.
La voce che rispose era ancora più fredda degli occhi: “Non importa chi siamo, se volete vivere dite chi siete voi e cosa ci fate qui” indicando la tagliola proseguì: “Perché avete messo quella?”
Con gli occhi fuori dalle orbite il boscaiolo fece intendere al suo interlocutore che non poteva parlare se la stretta non si fosse allentata.
Le dita di Jego allentarono di poco la stretta in modo che l’uomo potesse respirare e parlare.
Inspirando anche con la bocca l’uomo cercò di rispondere con voce gracchiante per quanto glielo permettessero le corde vocali offese dalla stretta: “Siamo dipendenti del signor Gamile” come se questo dovesse spiegare tutto, quando sentì che la morsa intorno alla gola stava tornando a soffocarlo alzò le mani in segno di resa.
Per la seconda volta la stretta si allentò ma il ragazzo non disse una parola continuando a fissare il malcapitato trafiggendolo con lo sguardo.
Nel frattempo il cacciatore si era messo a sedere e tenendosi il braccio ferito tentava inutilmente rinculando, di sottrarsi dalla presenza di Yul che invece lo pressava da vicino con le zanne snudate ed emettendo un basso ringhio di gola, vista l’inutilità del gesto si fermò abbassando la testa ed emettendo mugolii di dolore, ormai rassegnato a essere sgozzato.
“Stiamo eseguendo degli ordini, dobbiamo liberare il territorio per i pascoli e costruire una piccola città”.
Ancora una volta la fredda voce lo interpellò: “Chi può dare ordini a un uomo?”
La risposta non si fece attendere: “Il signor Gamile, è una persona molto importante, ricca e ha un fratello potente che farà costruire dei locali, il signor Genko…”
Non riuscì a finire la frase, per la terza volta le dita si strinsero intorno alla sua gola e l’uomo pensò che fosse giunta la sua fine.
“Genko?” fu l’unica parola espressa in forma di domanda.
Non riuscendo più a parlare l’uomo cercò di annuire con la testa mentre sentiva che stava perdendo i sensi, le carotidi compresse non stavano portando ossigeno al cervello.
Vedendo la sua vittima con gli occhi stralunati, Jego lo lasciò andare di colpo, il boscaiolo cadde sulla schiena semisvenuto, un calcio nelle costole lo riportò immediatamente alla realtà e mettendosi seduto iniziò a inalare aria a grandi boccate mentre si massaggiava la gola sulla quale l’impronta delle dita di Jego stava assumendo un colore rossastro.
Jego fletté le ginocchia portandosi all’altezza degli occhi dell’uomo e ripeté la domanda: “Genko della città universitaria?”
Sconvolto e ancora incapace di parlare l’uomo annuì una seconda volta.
Jego si rialzò, emise un verso simile a un ringhio ma più modulato, Yul rispondendo con un suono analogo, lasciò la guardia al cacciatore e si avvicinò ai due.
Gli occhi dell’uomo vedendo arrivare il grosso lupo, si riempirono di terrore, ma un altro leggero calcio nelle costole gli fece riportare l’attenzione a Jego che gli stava parlando:
“Bene, dite al vostro signor Gamile e a suo fratello Genko…” l’ultima parola fu pronunciata come se fosse uno sputo per poi proseguire: “Di levarsi al più presto da questi luoghi, vi do una settimana di tempo, se non ve ne andrete verrò a cercarvi”.
Poi riprese con un tono ancora più duro: “Portate un messaggio a Genko, ditegli che se ci tiene alle orecchie al naso alla lingua e al cuore, di non fare altri scherzi”.
Allo sguardo interrogativo dell’uomo, Jego sibillino rispose: “Lui capirà”.
Mentre Yul si pose di fronte all’uomo ormai terrorizzato, Jego si avvicinò alla tagliola, con due rapide mosse la rimise in tensione, si avvicinò al cacciatore ormai indebolito dalla perdita di sangue, lo trascinò vicino alla tagliola, gli prese il braccio sano e lo posizionò al centro delle ganasce facendo scattare il meccanismo.
L’urlo che si levò dalla foresta fu sentito fino all’insediamento.

…precedente

continua…

 

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