Jego – la saga – L’avviso

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Uomo avvisato…

 

 

Gamile, non tanto alto, rotondetto, stava con le mani chiuse a pugno appoggiate ai fianchi mentre sovrastava Trank che seduto su una panca lo guardava da sotto in su con aria sottomessa.
“Vuoi convincermi che un ragazzo e un cane spelacchiato hanno avuto ragione di due omaccioni come voi?” nelle iridi di Gamile brillavano lampi di rabbia.
“Non un cane signor Gamile, un lupo” la voce era ancora rauca mentre l’uomo si massaggiava la gola respirando come se ancora non credesse di poterlo fare.
“Sì, sì, va bene un lupo, ma un ragazzo!” l’impazienza traspariva dalla voce di Gamile mentre ruotava il capo infastidito dai gemiti che provenivano dalla baracca adibita a infermeria, la indicò con l’indice e rabbiosamente: “Malvais ha ucciso tutti i lupi che stavano qui intorno e si è fatto azzannare da uno di loro, forse l’ultimo, come è possibile ed eravate in due, maledizione!” picchiando il pugno della mano destra sul palmo della sinistra.
“Sono sbucati dal nulla, ci hanno preso di sorpresa e… signor Gamile, vorrei farvi notare che l’uomo anche se sembrava un ragazzo ha una forza inaudita, mi ha preso per il collo” mostrò i segni delle dita di Jego, strisce distinte come un marchio infamante di colore violaceo da entrambe le parti della gola poi continuò: “Con tutta la mia forza e sapete quanta ne ho, non sono riuscito nemmeno a muovere una sola di quelle dita, ho pensato che fosse giunta la mia fine, ma poi mi ha lasciato andare”.
Lo sguardo interrogativo e sospettoso di Gamile fu sufficiente a indurre Trank a continuare: “Mi ha chiesto chi eravamo e cosa facevamo qui, io gli ho parlato di voi e di quanto foste importante e anche di vostro fratello quanto fosse importante anche lui, quali erano i vostri progetti, è stato a quel punto che mi sono ritrovato a terra in stato di semi incoscienza”.
Gamile scrutava l’uomo: “Poi cosa è successo?”
“Nulla, cioè non proprio, ha parlato con il lupo che ha abbandonato la guardia di Malvais e l’ha fatto venire davanti a me”.
Incredulo e rabbioso Gamile apostrofò Trank: “Mi stai prendendo in giro? Ha parlato con il lupo? Gli avrà dato un comando!”.
Mentre gli occhi di Trank si riempivano di smarrimento e servilismo: “No, signor Gamile, vi assicuro non è stato un comando espresso a parole, piuttosto un ringhio modulato, no non un ringhio, un suono come se fosse di un’altra lingua, proprio come se stessero parlando fra loro”.
Con un gesto di noncuranza Gamile invitò l’altro a proseguire anche se l’espressione era ancora incredula, quando mai si era sentito che un uomo e un lupo parlassero fra di loro?
Trank continuò nella sua esposizione: “Quando ho fatto il nome di vostro fratello, ho dovuto confermargli che si trattava proprio del signor Genko nella città universitaria e a quel punto mi ha affidato un messaggio per lui”.
Gamile avvicinando il proprio viso a quello di Trank socchiudendo le palpebre fino a ridurre lo spazio fra loro a una fessura fissando l’altro negli occhi: ”Quale messaggio?”.
“Se il signor Genko ci tiene a orecchie, naso, lingua e cuore non deve fare scherzi”
Incredulo Gamile tornando in postura eretta: “Ma cosa significa?”.
Trank sempre più sottomesso e con gli occhi bassi rispose: “Ha detto solo che vostro fratello avrebbe capito”.
Gamile con un altro gesto proseguì: “Va bene, va bene, chiarirò questa cosa con Genko” poi piegandosi di nuovo verso Trank: “Dimmi ha lasciato un messaggio anche per me?”
Trank annuì ancora più servilmente prevedendo la rabbia del principale: “Sì signor Gamile, ha detto, ripeto testualmente: abbiamo una settimana per andarcene, se non lo facciamo lui ci verrà a cercare” abbassando di nuovo il capo in attesa della immancabile reazione che puntualmente avvenne.
Il volto di Gamile divenne paonazzo, iniziò a gridare e mentre gridava spruzzi di saliva colpirono il viso e i capelli di Trank: ”Andarmene? Andarmene?” il furore accentuava l’arrossamento delle gote e della fronte “Ho decine di uomini pronti a tutto e non saranno un ragazzo e un cane spelacchiato a farmi recedere dai miei progetti!”
Timidamente Trank: “Un lupo signor Gamile e bello grosso”.
Gamile sempre più furibondo: “Quello che è, chiamerò Genko e farò venire due dei suoi migliori uomini per affiancare voi branco di incapaci e vedremo quei due che fine faranno” poi continuò: “Dimmi perché vi ha lasciato andare”.
Trank facendosi sempre più piccolo di fronte a quella furia: “Per avvisarvi, ma prima di scomparire…” una smorfia ne contorse i lineamenti “Ha fatto quella cosa orribile a Malvais, l’ha trascinato come se non avesse peso, gli ha messo l’altro braccio, quello non rotto nella tagliola e l’ha fatta scattare”.
A sottolineare le ultime parole di Trank un ulteriore urlo provenne dall’infermeria facendo impallidire l’uomo ed evidenziando ancora di più i segni sulla gola che si stava inutilmente massaggiando.

 


 

“Sei sicuro, ha detto proprio così?” la voce nell’auricolare era quella di Genko.
“Sì, ha detto proprio così, Ge cosa significa?” Gamile aveva usato il diminutivo affettuoso con cui, da quando erano piccoli, aveva iniziato a chiamare il fratello.
“Significa guai, ecco cosa significa, non c’era il lupo, ma ho avuto modo di conoscere quello che chiami ragazzo, ti assicuro che è tutt’altro”.
“Cosa è? Dimmelo!” chiese Gamile sconcertato per aver notato un leggero tremito nella voce del fratello.
“Una belva, ecco cos’è” il gracidio nell’auricolare non era dovuto alle interferenze ma alla voce strozzata dall’altra parte della linea.
“Una belva si può far fuori” fu la risposta piccata di Gamile.
“Non esserne così sicuro, rinforza il più possibile la sorveglianza e manda fuori delle squadre di ricerca”.
Il tono con cui fu pronunciata la risposta di Genko impensierì Gamile, ma nascose lo stato d’animo ostentando una sicurezza che non provava: “Non ti preoccupare, farò così”.
“Farai bene, ciao”.
“Ciao” il saluto di Gamile fu rivolto al segnale di linea libera, l’altro aveva già chiuso la comunicazione.

 


 

Nella grande baracca adibita a mensa, Gamile in piedi dietro il tavolo che stava in fondo alla sala e perpendicolare alle due file di tavoli e panche parallele alle pareti, stava arringando ai suoi uomini.
“Allora gente, voglio quattro squadre di ricerca di tre uomini ciascuna, esploreranno la foresta nelle quattro direzioni: nord, sud, est, ovest, ogni giorno per almeno quattro ore; le guardie dovranno essere rinforzate, non più un uomo solo bensì due in turni di due ore a rotazione e voglio un servizio di ronda ventiquattro ore su ventiquattro, ogni turno tre uomini”.
Mugugni e brontolii mormorati per farsi coraggio reciprocamente si levarono dagli uomini seduti ai tavoli mentre esprimevano il loro malcontento, ma sommessamente perché sapevano benissimo cosa significasse discutere gli ordini del principale, l’allontanamento immediato con perdita della paga e dei privilegi futuri quando la piccola città del vizio sarebbe sorta.
“Poche storie, non voglio sentire lamentele” Gamile si stava innervosendo a sentire le proteste levatesi ma capì di dover trovare un modo far loro accettare il rischio, l’unica possibilità che aveva era di blandirli.
“Anzi, sarò generoso, paga doppia finché l’emergenza non sarà cessata e a chi mi porterà un risultato, un premio in denaro e dei bonus quando la nostra opera sarà completata” non aveva bisogno di spiegare quali sarebbero stati i bonus, lo sapevano tutti di cosa si sarebbe trattato, incontri gratuiti con donnine o crediti più o meno ingenti ai tavoli da gioco.
Scrutando gli uomini uno a uno e con occhi severi pose la classica domanda sicuro di non ricevere risposta, ci tenevano troppo ai loro privilegi per sollevare obiezioni.
“Ci sono domande?”
La mano di un uomo seduto al centro del tavolo di destra si alzò timidamente e altrettanto timida risuonò la voce nello stupito silenzio generale: “Ehm… si signor Gamile”.
Fissando irosamente chi aveva demolito la sua certezza nella mancanza di obiezioni Gamile fissò l’uomo negli occhi: “Dimmi!” il tono dell’ordine implicitamente significava che se la domanda non fosse stata più che motivata, quell’uomo sarebbe stato immediatamente allontanato dando così un esempio a tutti quanti.
“I vostri ordini sono chiari e la promessa di una notevole ricompensa allettante, ma signore, non ci avete detto cosa dobbiamo cercare e a cosa dobbiamo fare attenzione, se le guardie o i gruppi di ricerca non sanno quale sia il loro obiettivo come potranno essere pienamente efficienti?”
Per un attimo Gamile restò a bocca aperta, quell’uomo l’aveva preso in contropiede, era così preoccupato per la sicurezza e soprattutto per il compimento del progetto, da essersi dimenticato completamente di esporre la motivazione dei suoi ordini, prese fiato sia per nascondere la preoccupazione sorta dalle parole del fratello sia per non dare agli uomini l’impressione di non essere saldo e fermo come aveva cercato di dimostrare.
“Bravo, puoi sederti, ora vi illustrerò la situazione” sapeva benissimo quanto gli uomini parlassero fra loro e tutti erano a conoscenza di ciò che era capitato a Trank e Malvais, ma finché non fosse stato lui a esporre il problema, gli uomini nonostante le blandizie dei premi si sarebbero comportati con sospetto nei suoi confronti e di conseguenza meno accorti.
“Un pazzo, accompagnato da un cane spelacchiato che sembra un lupo, si sta aggirando da queste parti, è furbo, è infido, si nasconde per saltar fuori all’improvviso cogliendo di sorpresa e sfruttando l’occasione per far del male”.
Attese che gli uomini al suo cospetto assimilassero l’informazione e riprendendo fiato continuò a parlare come un bravo imbonitore farebbe a una folla che vuole truffare.
“Tengo molto a questo progetto e non voglio che a nessuno di voi capiti qualcosa di nocivo per la sua salute e integrità fisica, ecco perché mi sto sobbarcando l’onere di spese ulteriori con l’unico scopo della vostra salute.
Una volta terminato questo lavoro sarete uomini sani e con le tasche piene di soldi grazie al mio sforzo, potrete quindi contribuire alla prosperità di questo luogo e goderne tutti gli agi, felici e contenti”.
Appoggiando i pugni sul piano del tavolo scrutò le facce una a una, vedendo le espressioni distese e di gratitudine seppe di averli convinti minimizzando il pericolo insito nelle parole di Trank e successivamente in quelle del fratello.
“Bene, ci sono altre domande?”
Al silenzio che seguì, soddisfatto di averli convinti, indicò quattro uomini che riteneva i più fidati: “Voi sarete i capi delle squadre di ricerca e tu…” indicando l’uomo che gli aveva posto la domanda “tu organizzerai i turni di guardia, ai recinti e alle baracche; ora andate e fate il vostro dovere e ancora una cosa: chi mi riporterà la pelle di quel cane e la testa di quel pazzo, avrà non solo un premio consistente ma anche un avanzamento nella gerarchia di questo nostro magnifico organico” con quest’ultima blandizia li congedò.

 

…precedente

continua…

 

 

 

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