Jego – La saga – Il rifugio

Le sorprese non finiscono mai

 

“Stai diventando vecchio lupo Yul”
Ridendo Grow si sottrasse all’ennesimo attacco del lupo, ormai aveva imparato quasi del tutto il linguaggio dei lupi e ora stava canzonando il suo maestro.
In sei mesi il suo fisico si era così tanto irrobustito grazie all’allenamento quotidiano e al naturale progredire della crescita da essere alto quasi come il fratello maggiore, ma con una muscolatura ben più superiore.
“Grrr… piccolo cucciolo insolente!”
Yul si lanciò frontalmente contro Grow che cercò di scansarsi di lato, ma all’ultimo momento il lupo cambiò direzione puntando le zampe posteriori in diagonale sul terreno e sollevando da terra quelle anteriori ruotò di lato venendosi a trovare proprio al fianco del ragazzo, con un ulteriore balzo lo colpì al fianco.
Grow preso alla sprovvista perse l’equilibrio e cadde a terra di lato con un’espressione stupefatta.
“Ma come hai fatto?”
“Ci sono ancora molte cose che devi imparare cucciolo”
“Smettila di chiamarmi cucciolo, non lo sono più!” fu la risposta stizzita di Grow mentre il lupo gli si avvicinava come di consueto per aiutarlo ad alzarsi.
“Oh si che lo sei” Yul era ormai a portata di braccio del ragazzo dolorante per l’attacco subito.
Appena Grow cercò di allungare la mano per attaccarsi al collo del lupo questi con uno scatto gli prese il polso tra le fauci.
“Ehi, Non vale ero ancora a terra!” la voce di Grow aveva perso tutti i toni infantili e ora vibrava bassa da adulto.

 

Yul lasciò andare il polso di Grow imbrattato di saliva ma senza nessun graffio se non per il rossore della stretta.
“Oh sì che vale, il tuo nemico non ti darà tregua se riuscirà a metterti a terra, anzi approfitterà della tua situazione precaria per distruggerti”.
Detto ciò, repentinamente riafferrò il polso ancora teso verso di lui e rinculando trascinò il ragazzo per un piccolo tratto.
“Smettila, ho capito, ma tu sei un amico!”
Di nuovo il polso fu rilasciato e Yul sui sedette flettendo le zampe posteriori.
“Anche un amico può cambiare idea, non fidarti mai cucciolo, dai il tuo rispetto, la tua amicizia, ma ricorda che in ognuno c’è un lato oscuro, anche nel tuo migliore amico o nel tuo capo branco”.
“Anche in me?”
“Certo, e devi imparare a tenerlo a bada altrimenti ti distruggerà! Non devi cedere alla rabbia, alla delusione, al dolore, sono tutte emozioni che faranno emergere la parte oscura di te rendendoti ingiusto”

 

“Non avrei saputo dirlo meglio”
Jego si era avvicinato ai due e aveva allungato la destra per aiutare Grow, quando il ragazzo la afferrò iniziando a rialzarsi, con la sinistra Jego gli dette un colpo sulla fronte e aprendo la destra fece mancare l’appoggio a Grow che ripiombò a terra.
Boccheggiante e irritato Grow con un colpo di reni si rialzò, con il corpo vibrante di frustrazione sì lanciò contro Jego.
Facendo perno sulla punta del piede sinistro e portando la gamba destra all’indietro, Jego si spostò di lato evitando l’attacco del ragazzo che per l’impeto si trovò due passi avanti mentre Jego con le braccia conserte lo osservava ironico.
Giratosi di scatto prese a fissare con occhi fiammeggianti di rabbia il maestro sul viso del quale aleggiava un leggero sorriso.
Tutta la rabbia del momento sembrò svanire così come era insorta.
“Ho capito, ho capito” sorridendo a sua volta e alzando i palmi in segno di resa, Grow si avvicinò a Jego porgendo la destra ma il maestro rimase a braccia conserte.
“Ho detto che ho capito” Grow era sconcertato.
“Quello lo hanno detto le tue labbra, non i tuoi occhi e nemmeno la tua sinistra stretta a pugno” fu la risposta secca.
Strabiliato Grow si guardò la sinistra distendendo le dita.
“Grrr… lato oscuro, ricorda cucciolo” fu il commento di Yul che istintivamente si era alzato con la coda impennata pronto all’attacco casomai Grow avesse colpito Jego, pur sapendo che questi l’avrebbe respinto con facilità, il senso di appartenenza al branco e la sua difesa erano superiori a qualsiasi precauzione.
Un rossore si diffuse sulle guance di Grow che abbassando gli occhi a terra rivelava ancora quella parte infantile non ancora del tutto persa.
Jego si avvicinò a Grow e come tante altre volte in situazioni analoghe aveva fatto, gli prese il mento e gli fece sollevare il viso fissandolo negli occhi.
“Non perdere mai questa capacità di arrossire piccolo amico, non perdere mai la capacità di vergognarti per ciò che avevi intenzione di fare, saranno gli strumenti che ti permetteranno di agire rimanendo nel giusto, certo alcune volte sbaglierai, ma se saprai fare tesoro dei tuoi errori e non li ripeterai la tua strada sarà diritta”

 

“Mi stai dicendo che anche tu sbagli?”
Scoppiando in una risata Jego replicò: “Di questo puoi starne certo amico mio e tutte le volte l’ho pagata cara, per fortuna non in modo definitivo”.
“Per fortuna mia vorrai dire, ho imparato la lezione” disse Grow sorridendo e avvicinandosi a Yul di nuovo seduto gli cinse il collo stringendolo a sé.
Per tutta risposta Yul ringhiò: “Quanti salamelecchi, forza rimettiamoci al lavoro!” mettendo fine alla tensione degli ultimi momenti.
Jego scosse la testa: “Per oggi basta, il nostro cucciolo ha imparato la lezione, ora dovrà meditare su quanto appreso e fra un paio di giorni ci dirà le sue conclusioni”.
“Vuoi dire due giorni liberi tutti per me?”
“Non liberi, di studio” disse Jego mentre si avviava alla casa seguito da Yul, lasciando Grow da solo in mezzo al prato.
“Ma cosa devo studiare?” urlò il ragazzo mentre allargava le braccia rassegnato.
Jego si fermò e girandosi verso Grow: ”Ripensa a ciò che è successo, alla tua reazione, soprattutto a cosa devi fare per raggiungere l’equilibrio”.
Abbassando le braccia e la testa Grow si accinse a seguire i due, a quel punto fu Yul fermatosi a sua volta, a ringhiare: “Da solo cucciolo”.
“Cosa faccio da solo?” fu la domanda piccata.
“Impari a conoscerti” con quest’ultima replica Yul si girò e seguì il fratello di branco.

 


 

Nel pomeriggio assolato Yul, disteso su un fianco e con le zampe diritte davanti a sé sonnecchiava godendosi il calore dei raggi, Jego seduto su una panca sotto la tettoia stava sorbendo birra da un boccale di terracotta.
Con gli occhi semichiusi fu il lupo a parlare senza muovere la testa: “Il cucciolo promette bene”.
Jego annuendo: “Si, te l’avevo detto Fratello, fra poco averemo il nostro piccolo branco”.
“In tre siamo troppo pochi per essere un branco, ci vorrebbero una o due femmine…”
“Non se ne parla nemmeno, per quanto riguarda me almeno, Grow è ancora troppo piccolo e tu sei rimasto l’unico del branco originale, lo sai quanto sia difficile che la femmina di un altro branco si unisca a noi”
“Si ma…”
“Niente ma, argomento chiuso” la decisione della risposta zittì definitivamente il lupo che stiracchiandosi cambiò un poco la posizione per poi rimettersi a sonnecchiare.

 

Jego sorbendo un sorso di birra iniziò a meditare sul suggerimento di Yul la cui saggezza e l’istinto di conservazione avevano suscitato nel ragazzo, ormai uomo fatto, pensieri e dubbi.
Ripensò all’episodio accaduto nella città universitaria quando era stato ospite di Nora e Alfred: la sua amica aveva sentito non solo il richiamo della conoscenza e si era allontanata dalla Terra di Mezzo, ma aveva anche trovato un compagno soddisfacendo così l’esigenza primaria che spingeva gli esseri ad accoppiarsi a stare insieme per completarsi oltre che a creare una progenie.
“E io?” si domandava “Perché non sento quell’esigenza?”
Si accorse di avere accantonato il pensiero che ora lo assillava, dando più importanza alla sua diversità, era stato il primo ad abbandonare la Terra di Mezzo, “dando il cattivo esempio” come detto dal connestabile e rinunciando alla tradizione di scegliere una compagna per vivere nella comunità e farla prosperare.
Nelle sue peregrinazioni non aveva mai avuto il tempo per pensare a certe cose e quando si era unito al branco la biodiversità glielo aveva impedito, ammirava l’integrità e fedeltà all’unica compagna innate nella natura di quelli che considerava fratelli, ma ovviamente lui non poteva trovare fra le sorelle qualcuna disposta a stare con lui e a giurarle fedeltà eterna, anche dopo la morte di lei.
Inoltre era stato troppo preso ad apprendere gli insegnamenti di Crol per pensare di trovare un’umana che accettasse il tipo di vita che stava conducendo.
Quando era tornato, la diffidenza degli abitanti, l’astio del connestabile, il ricordo di Crol, avevano fatto sì che si isolasse dal resto del villaggio, vivendo in solitudine sulla collina lontano da tutti.
Prima Grow e poi Yul avevano cambiato tutto, il connestabile gli aveva dimostrato fiducia permettendogli addirittura di addestrare il figlio.
“Yul ha ragione” si disse “In tre siamo troppo pochi per costituire un branco, non credo che qualcuno degli abitanti di questa terra voglia seguire l’esempio del mio piccolo allievo, figuriamoci se lo vuol fare una femmina; Nora sì, lei sì con il suo spirito battagliero con il fuoco in quegli occhi verdi, lei sì si unirebbe a noi e allora…” scacciò il pensiero agitando il boccale, la mossa veemente fece traboccare un po’ di liquido che si sparse sul corpetto di cuoio, si guardò la macchia e a denti stretti si rimproverò: “Ecco cosa succede a pensare alla donna che ha scelto di stare con un altro, ben ti sta Jego”.
Quasi presagendo istintivamente che il borbottio del fratello fosse foriero di pensieri lugubri, Yul alzò la testa e chiese: “Tutto bene fratello? Percepisco dell’agitazione…”
“Nulla di cui preoccuparsi Yul” fu la risposta.
“Certo, certo” appoggiando di nuovo il capo a terra e tornando a chiudere gli occhi non prima di aver esclamato: “Credi forse di darla a bere a un Fratello, al vecchio Yul?”
“Tu non sei vecchio, anzi da quando sei qui ti sei rinvigorito e sei tornato lo splendido lupo di un tempo”.
“Grazie a te Fratello e a quel cucciolo insolente”.
Un sorriso increspò le labbra di Jego, pensieri e dubbi sembravano svaniti.

 


 

Scesa la sera Jego e Yul erano nella capanna.
Il primo seduto al tavolo stava pasteggiando con lo stufato di fagioli che Grow come incombenza quotidiana preparava, il secondo vicino al camino stava ultimando il suo pasto a base di tre conigli che stava divorando.
L’unico suono che aleggiava nell’ambiente era il rumore delle mandibole del lupo, le ossa degli animali frollati si frantumavano sotto le potenti fauci.
Il rumore cessò e il lupo si rizzò sulle quattro zampe, anche Jego aveva smesso di mangiare, entrambi avevano sentito dei passi fuori dall’uscio ed entrambi erano all’erta ancora prima di sentire bussare, non era il connestabile il cui passo pesante avevano imparato a riconoscere, erano i passi di due persone.
Da lì a poco si sentirono colpi leggeri sull’anta.
“Avanti” fece Jego alzatosi per aprire la porta stranito di ricevere visite a quell’ora tarda.
L’anta ruotò sui cardini scivolando di lato e due persone apparvero sulla soglia.
Jego a bocca aperta si trovò a fissare Nora e Alfred fianco a fianco inquadrati dall’apertura.
I due fecero un passo indietro quando Yul si avvicinò annusando; Alfred, nonostante in un primo momento fosse rimasto impietrito alla visione dell’animale, con fare protettivo si era messo davanti a Nora per poi essere da lei scansato rivelando ancora una volta il carattere di fuoco che la distingueva.
“Smettila Alfred, non sono una bambina e nemmeno una debole femminuccia.”
“Ma cara quello è un lupo” indicando Yul che con il labbro superiore arricciato e le zanne snudate li stava fissando mentre un cupo brontolio gli usciva dalla gola.
Jego rivolgendosi a Yul esclamò: “Sono amici”.
“Bene” rispose il lupo girandosi e tornando al camino per terminare il pasto interrotto, ma gli occhi erano puntati sui due che lo stavano osservando esterrefatti.

 

Fu Nora a rompere il silenzio: “Se è qui con Jego non corriamo nessun pericolo, forza entriamo” poi rivolgendosi in tono canzonatorio all’uomo che li stava ancora fissando e non aveva ancora articolato una parola, tranne quelle rivolte a Yul nel linguaggio dei lupi:
“Hai forse dimenticato la buona creanza mio vecchio amico, è così che accogli i tuoi visitatori restando lì a bocca aperta ed emettendo suoni gutturali?”
Riavutosi dallo stupore Jego esclamò: “Ma quale vecchio! Certo entrate e accomodatevi” facendosi da parte e indicando la panca di fronte al tavolo per poi proseguire: “Cosa ci fate qui, soprattutto tu Nora dovresti saperlo che è vietato portare umani nella Terra di Mezzo”
“Siamo in pericolo amico mio, in grave pericolo l’unico posto in cui siamo al sicuro è qui” rispose Nora accomodandosi e con il tipico atteggiamento provocatorio femminile, lo fece in modo da lasciare Alfred vicino a Yul.
“Pericolo?” fu la domanda ringhiata di Jego e Yul percependo il tono irato, si rizzò sulle zampe snudando di nuovo le zanne preoccupando ancora di più Alfred che, spostandosi verso Nora, cercava di anteporre più spazio possibile fra lui e l’animale.
“Alfred!” sbottò Nora “Non starmi addosso, non ti farà niente, ha solo reagito al tono di Jego.”
Scuotendo la testa Jego si sedette di fronte ai due: “Sei sempre stata sveglia, come mai lui” indicando Yul tornato a sedersi “Non ti fa paura?”
“Questa è bella, vivi con un lupo, sembra che tu riesca a parlare con lui e io dovrei aver paura?” fu la risposta ironica.
“D’accordo, raccontatemi tutto” accantonando definitivamente la questione della presenza di Yul.
“C’è poco da dire, siamo scappati Genko…”
Non riuscì a finire la frase che Jego esclamò: “Ancora?”
Nora per nulla intimorita dal tono dell’amico proseguì: ”Sì, ancora lui e questa volta ha davvero esagerato, si è presentato in università minacciando Alfred di consegnargli i suoi studi, ricordi che li voleva in cambio del debito di gioco?” così dicendo lanciò uno sguardo di riprovazione ad Alfred.
“Certo che mi ricordo, ma ricordo anche di averlo messo in guardia, non si toccano i miei amici.”
“Infatti per un po’ ci ha lasciati in pace, ma poi è successo qualcosa, dalle voci che abbiamo sentito sembra si sia rifatto vivo suo fratello ed è stato allora che quel maledetto è tornato a minacciare Alfred.”
“Ah ecco, allora la colpa è mia.”
“Come la colpa è tua, che vuoi dire?”
“Il fratello si chiama Gamile e io l’ho convinto a lasciar perdere una certa cosa…”
“L’hai convinto? Con le tue solite buone maniere immagino!”
Alzando i palmi verso Nora Jego rispose: “Ti giuro che non l’ho nemmeno toccato, anzi gli ho rivolto un caldo invito ad andarsene da dove si era piazzato” ridacchiando.
Nora lo guardò con sospetto: “Un caldo invito?”
“Si ma lasciamo perdere, fa parte del passato” ancora ridacchiando “Piuttosto ditemi ora cosa avete intenzione di fare?”

 

Fu Alfred con voce ritrovata a parlare: ”Ecco… noi… lei a dire la verità, ha pensato che qui saremmo stati al sicuro e ancora più al sicuro sarebbero stati questi” mostrò un fascio di documenti estratti dalla borsa tenuta a tracolla.
“Cosa sono?” sfogliando le carte piene di formule scritte con una grafia minuta e ordinata e di disegni strani.
“I miei studi su quel nuovo materiale scoperto, ci dovrebbe aiutare ad arginare il fabbisogno di energia e quello è il progetto del congegno di erogazione, Genko lo vuole per sé vuole farci un’arma, ma è studiato per scopi benefici non bellici o violenti.”
“Capisco e io cosa dovrei fare, perché siete venuti da me?”
A quel punto intervenne di nuovo Nora: “Perché tu sei il mio più caro amico e ci hai protetto già una volta, quindi abbiamo pensato che con te qui saremmo al sicuro.”
“Qui non c’è posto per tutti” indicando il piccolo ambiente con un movimento circolare del braccio “Sarebbe meglio che foste ospitati dai tuoi genitori.”
“Si certo quello per la permanenza nei prossimi giorni, ma noi… io vorrei che queste carte le tenessi tu, con te e lui” indicando Yul “Sarebbero al sicuro più che in una cassaforte.”
Con un sospiro Jego prese il fascio di carte e le ripose nello scomparto laterale di un mobile il cui sportello si era aperto di scatto alla pressione delle dita.
Tornando al tavolo interpellò i due: “Va bene, ora andate al villaggio prima che i tuoi genitori si mettano a letto”.
Quando i due furono usciti Yul, che aveva seguito in silenzio i dialoghi senza ovviamente capire ma percependo istintivamente la tensione, chiese: “Problemi fratello?”
“Qualcuno Yul, ma ne riparleremo domani, ora dormiamo.”

 

…precedente

continua...

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