Jego – La saga – Il rientro

A casa, finalmente

 

 

Al tramonto la Terra di Mezzo divenne visibile.
Jego e Yul si affrettarono per potervi accedere, soddisfatti e certi di aver vendicato il Branco e non solo, anche di aver liberato il territorio del nord, giù sulla terra, da un progetto che avrebbe portato gli uomini a degradarsi e rovinarsi con gioco e donnine.
Giunti in cima alla collina videro il piccolo Grow, stava spazzando le pietre antistanti l’ingresso della casa di legno con il caratteristico tetto di paglia.
I due si avvicinarono in silenzio.
Jego esordì: ”Buon giorno piccolo amico”.

 

Giratosi Grow aprì la bocca poi la richiuse stupefatto, gli occhi gli brillavano di gioia, lasciò cadere a terra la ramazza per poi correre andando loro incontro e iniziando a strillare: “Siete tornati, siete tornati!”.
Non si fermò davanti a Jego come questi si aspettava, ma corse davanti a Yul, con le piccole braccia gli cinse il collo affondando il viso nella folta pelliccia esclamando:
“Lupo Yul come sono contento di rivederti”
per poi staccarsi e fissare il muso pieno di cicatrici quasi volesse assicurarsi che non fosse cambiato nulla e che nulla gli fosse successo.
In cambio ricevette una leccata sul naso.
Il grosso animale si sedette piegando le zampe posteriori ed emise un suono modulato: “Il cucciolo sta guaendo”.
Jego rimasto interdetto nel vedere che il suo piccolo allievo aveva preferito salutare prima il fratello, si riprese immediatamente dalla sorpresa e rispose: “Promette bene”.

 

Accortosi di aver momentaneamente ignorato il suo maestro al piccolo Grow si infiammarono le gote, abbassando gli occhi a terra e portando le mani ad allacciarsi dietro la schiena si rivolse al maestro: “Scusami Jego, avrei dovuto salutare per primo te, ma… ma…” non seppe continuare aspettandosi un rimbrotto.
Jego flettendo le gambe si accucciò portandosi all’altezza di Grow, gli prese il mento fra le mani alzandogli il viso e quasi si commosse nel vedere i lucciconi di vergogna in quegli occhi che lo stavano fissando.
“Piccolo amico, non ti devi scusare, Yul è un Fratello di branco, fra noi non esistono gerarchie, il tuo impeto dettato dal cuore ha dimostrato che anche tu lo consideri alla mia stessa stregua e ti assicuro che lui l’ha capito e ne è orgoglioso”.
Detto questo si rialzò, con un suono di gola e un movimento delle mani si rivolse a Yul:
“Ti ha portato il rispetto dovuto, presto avremo il nostro piccolo Branco”.
Gli occhi gialli di Yul brillarono di fierezza mentre emise quello che sembrava un cupo brontolio:
“Gli insegnerò tante cose, sarò per lui quello che Crol è stato per te”.
Ora furono gli occhi di Jego a velarsi di tristezza nel ricordo dell’amico: “lo so fratello, lo so e confido in te”.
Grow che ormai non si stupiva più di vedere i due che dialogavano in quel linguaggio incomprensibile domandò:
”Il lupo Yul ha detto qualcosa di me?”.
Jego sorridendo replicò: “Sì piccolo amico, sarà anche lui il tuo maestro”.
Gli occhi del piccolo si sgranarono: ”Davvero?” poi un dubbio lo pervase e l’espressione si rabbuiò: “Vuol dire che tu non sarai più il mio maestro?”
Jego scoppiò in una risata: “Ho detto ‘anche’ ciò significa piccolo mio che lo saremo entrambi, io ti insegnerò alcune cose e lui altre”.

 

Il sollievo si dipinse sul volto di Grow e per l’eccitazione si mise a saltellare poi fece un paio di giravolte canticchiando: “Parlerò con il lupo Yul… parlerò con il lupo Yul…”
Yul osservandolo chiese a Jego: “Sta male?”.
“No fratello è felice”.
“Perché?”
“Ha saputo che sarai anche tu il suo maestro”.
“Ma non è così che si fa?”
se mai un lupo abbia potuto sembrare perplesso, in quel momento Yul riusciva perfettamente a dimostrarlo.
“Fra gli uomini è diverso”.
“Bipedi!” con l’esclamazione Yul chiuse il dialogo e a Jego non rimase che continuare a sorridere.

 


 

Trascorso il momento di euforia Grow, ora più calmo, si rivolse a Jego: “Ho tenuto tutto in ordine, vieni a vedere” allungò il braccio per prendere la mano del maestro, mentre si avviavano ruotò il capo ed esclamò: ”Vieni anche tu Yul” esortazione inutile perché il grosso lupo rialzatosi aveva iniziato a seguirli.
La porta spalancata permetteva di vedere l’interno illuminato dall’ultima luce del tramonto che attraverso i vetri creava un’atmosfera di ovattato calore.

 

Fermo sulla soglia Jego rimase esterrefatto, mentre osservava l’interno della propria casa, attirò a sé Grow e cingendogli le spalle lo tenne appoggiato al suo fianco con un misto di orgoglio e di riconoscenza.
Tutto era pulito, le pentole in terracotta allineate in ordine di grandezza sull’apposito ripiano lungo la parete, sulla mensola sopra di esse faceva bella mostra di sé una intera forma di formaggio, dal canestro che la conteneva Jego la riconobbe come una di quelle prodotte mensilmente dal pastore del villaggio, sul ripiano del tavolo, tirato tanto a lucido da brillare agli ultimi raggi di sole, un fiasco di vino affiancato da una forma di pane, infine sul fuoco acceso nel camino e appesa alla catena una pentola, il suo contenuto bolliva spandendo intorno a se l’aroma dei fagioli stufati.
“Cos’è questo odoraccio?” la domanda espressa da Yul giunto al fianco di Grow annusando l’aria con circospezione.
“Fagioli” rispose Jego sorridendo.
“Erba, grrrr” con una sorta di latrato di disgusto il lupo si allontanò andando a distendersi come una sfinge pelosa nello spiazzo lontano dalla casa.
Ancora sulla soglia Jego chiese a Grow: “Come facevi a sapere che saremmo tornati oggi?”
“Non lo sapevo” fu la pronta risposta.
“Ma…” indicando l’interno.
Gonfiando il piccolo petto Grow spiegò: “L’ho fatto tutte le sere aspettandovi”.
Jego arruffando i capelli del suo piccolo allievo continuò: “Sei incredibile piccolo amico, dei fagioli, che ne facevi?”
“Ah quelli… li portavo ai miei fratelli con il pane, loro ne sono ghiotti e poi di notte…” ridacchiando.
Jego scuotendo il capo scoppiò in una risata.

 


Erano passate quattro settimane.
Jego seduto sulla panca osservava Yul e Grow rincorrersi attraverso il prato.
Il confine meridionale della distesa d’erba era costituito da un argine di pietre accatastate e messe a protezione dalla fossa profonda colma d’acqua proveniente da una sorgente sotterranea, normalmente utilizzata in vece del pozzo.
Il ragazzo cercava di evitare gli attacchi del lupo che immancabilmente riusciva a farlo ruzzolare, era il modo migliore per rinforzare i piccoli muscoli e dar loro la forza e la scioltezza che l’avrebbe reso un adulto potente.
A ogni ruzzolone le risate argentine del ragazzino si sentivano fino alla casa, il gioco proseguiva con le piccole braccia intorno al collo dell’animale che permetteva a Grow di rialzarsi e ricominciare a scappare per essere inseguito di nuovo e di nuovo capitombolare anche se ultimamente succedeva meno spesso dei primi giorni.
Sotto la paziente guida di Jego, il piccolo aveva iniziato a capire e a riprodurre i suoni e i gesti destinati a permettergli di dialogare con il lupo, ma tanto c’era ancora da fare e tante altre cose dovevano essere ancora insegnate.
Benché fosse immerso nei suoi pensieri e nell’osservazione dei due che continuavano instancabili a scorrazzare per il prato sottostante, percepì un passo proveniente da dietro la casa, alzandosi si avviò per verificare chi potesse essere a venire in visita.

 

Si trovò davanti il connestabile la cui espressione arcigna faceva presagire che da lì a poco ci sarebbe stata una discussione accesa, molto accesa.
Infatti alla vista di Jego quell’uomo tutto d’un pezzo gli puntò l’indice contro alzando la voce con il suo tono possente:
“Tu! Quando ti ho permesso di istruire mio figlio non era previsto che rischiasse di finire sbranato, mi hai deluso, ti credevo diverso, mi hai ingannato, prima o poi quella belva impazzirà e farà a pezzi quel povero bambino, a me rimarrà soltanto di piangerlo e di rammaricarmi per aver dato fiducia a un vagabondo come te a una belva a par suo” indicando l’ennesimo attacco di Yul a Grow.
Cercando di contenere l’ira che lo stava assalendo Jego replicò con voce piatta e fredda: “E’ tornato a casa con qualche segno diverso dai graffi che tutti i monelli si fanno giocando?”
La domanda di Jego spiazzò un poco il connestabile, inspirò profondamente prima di rispondere: “No questo no, te ne do atto, ma prima o poi…”.
“Se non è successo finora, perché dovrebbe succedere?”
“Perché quello è una belva, una grossa belva e non ci si può fidare di un lupo, lo sanno tutti, quando avrà fame assalirà il mio bambino considerandolo un boccone prelibato e facile da assalire”
“Yul si procaccia il cibo altrove, date le sue dimensioni il tuo bambino non lo sfamerebbe nemmeno a metà, comunque ho una buona scorta di conigli per tenerlo sempre sazio e soddisfatto” così dicendo Jego alzò il coperchio di una cassa, appoggiata alla parete esterna della casa, nell’aria si diffuse un odore dolciastro di selvatico prodotto da un cospicuo numero di conigli messi a frollare.

 

Il viso del connestabile si stava facendo purpureo come tutte le volte che le sue affermazioni venivano contraddette da obiezioni logiche, rimase senza fiato per un attimo cercando un altro motivo per redarguire il ragazzo che lo fissava con gli occhi grigi; anche in un’espressione tranquilla sembravano due lame pronte a trafiggere il faccione arrossato dall’ira.
Agitando le mani il connestabile proseguì: “L’ho sentito sai nel cortile dietro casa allenarsi a fare quei suoni gutturali e quei ringhi che gli hai insegnato, non è un animale, è un bambino”.
“Non esistono forse i parlatori? Come consideri Alter, quello che parla agli uccelli? E di Ullus che parla ai cavalli e ai muli?”
All’ennesima obiezione il connestabile rimase senza parole, aprì la bocca per dire qualcosa ma poi la richiuse, gli occhi saettavano da una parte all’altra, forse illudendosi di trovare nell’aria una motivazione valida per accusare Jego.

 

Ad un tratto, come se avesse ricevuto un’illuminazione gonfiò le gote, espulse l’aria, con voce accusatoria e l’espressione trionfante esclamò: ”E’ il più piccolo e da un po’ di tempo mette sotto i fratelli più grandi di lui, sono grossi almeno il doppio e quel monello li mette sotto senza problemi, non voglio che mio figlio diventi un violento, non voglio che diventi come te” sicuro di aver segnato un punto vincente in quel battibecco iniziato con l’intento di ristabilire la sua autorità, dimostrare le colpe di Jego ed esprimere le sue preoccupazioni di padre.
Jego sempre più calmo replicò: “E’ lui a iniziare la zuffa?”.
“Certo che no, è la natura dei maggiori prendere in giro e fare scherzi ai più piccoli, è normale, se esagerassero sarei io il primo a punirli, la gerarchia in una casa deve essere rispettata, i maggiori hanno più autorità, sanno più cose”.
“Mi stai dicendo che il piccolo ha imparato a non subire angherie, non inizia una zuffa, non stuzzica, non approfitta della sua nuova forza e se lasciato in pace non gli interessa dimostrare quello che sta diventando?”
“Si, beh ecco, sì… è così… ma…”
Sollevando una mano Jego impose il silenzio interrompendo i balbettii dell’uomo: “Sei d’accordo con me che se continua su questa strada tuo figlio diventerà un uomo giusto?”
“Si certo, hai ragione” la risposta venne data mentre le guance paffute del connestabile sembravano un po’ afflosciate.

 

Durante il dialogo che si stava svolgendo vicino alla casa, Yul e Grow continuavano il loro divertimento nel prato; all’ennesimo tentativo di evitare l’attacco del lupo, Grow incespicò e cadendo in avanti superò il bordo del muretto volando in acqua.
Il tuffo gli tolse momentaneamente il fiato, ma subito dopo iniziò a strillare: “Papà, papà, aiuto affogo!” agitandosi a più non posso per la paura, con il risultato di rimanere parzialmente a galla.
Alle sue urla Jego e il connestabile si avviarono di corsa verso il luogo dell’incidente, Jego più agile e scattante davanti e il connestabile dietro che sbuffando e arrancando a causa della sua mole, urlava con quanto fiato la corsa gli permetteva di avere: “L’avevo detto… l’avevo detto… è un pericolo e tu maledetto, tu e quella belva siete un pericolo… se mio figlio affoga ve la farò pagare… pagare cara e salata”.
Jego era arrivato a poco più di metà della strada che lo separava dal muretto quando Yul con un poderoso balzo superò la catasta di pietre e piombò nell’acqua vicino a Grow.

 

Il piccolo poté così aggrapparsi al suo pelo, Yul senza nessuno sforzo per il peso supplementare, nuotò fino a raggiungere il bordo dell’argine, non potendolo risalire chiuse le fauci sugli sterpi che fuoriuscivano dalle pietre continuando ad agitare le zampe sott’acqua per rimanere a galla e mantenere fuori dall’acqua il ragazzo che, aggrappato al suo collo, era riuscito a issarsi sulla schiena del suo salvatore.
Scavalcato il muretto e ancoratosi con una mano al bordo, Jego si allungò puntando i piedi contro la parete verticale, distendendo il braccio riuscì ad arrivare a poca distanza dalla testa di Grow il quale lasciata la presa, si aggrappò con entrambe le mani alla mano tesa.
Il connestabile appoggiò la grossa pancia al bordo e tese le braccia in avanti, Jego nel frattempo aveva sollevato il bambino grondante d’acqua arrivando alla portata delle mani del connestabile permettendo all’uomo di afferrare il figlio e di rialzarsi per stringerselo al petto.
Un suono come un brontolio seguito da una specie di ringhio uscì dalle labbra del ragazzo ancorato al muretto, a quei suoni Yul aprì le fauci, smise di agitare le zampe e si lasciò afferrare per la collottola.
Solo la forza di Jego poteva riuscire a risolvere la situazione, mantenendo salda la presa al bordo del muretto sollevò Yul traendolo dall’acqua, appiattendosi contro la parete e sollevando il braccio con cui teneva il lupo riusci a farlo arrivare al bordo, quando questi ebbe l’appoggio delle zampe anteriori emise un ringhio, a quel punto il ragazzo lasciò la presa, posta una mano sulle terga dell’animale con una spinta verso l’alto gli permise di scavalcare l’argine e atterrare nel prato.

 

Il connestabile mise a terra il figlio completamente fradicio, Yul con una potente scrollata si liberò dell’acqua in eccesso creando una nuvola di gocce che si sparse dappertutto inondando il connestabile e Jego nel frattempo risalito, dopo un’ulteriore scrollata il lupo si accucciò per asciugarsi al sole.
Jego osservava pronto a un’altra scenata del capo della Terra di Mezzo, questi invece lo stupì chiedendogli: ”Se mi avvicino al tuo amico mi salterà addosso?”
Il ragazzo girò la domanda a Yul nella solita sequenza di suoni e di movenze delle mani.
“Perché dovrei?” fu la risposta ringhiata.
Stendendo un braccio verso Yul, Jego invitò il connestabile ad avvicinarsi.
Imbarazzato il pingue uomo arrivò davanti al lupo che lo fissava dal sotto in su, non fece nessun gesto ma pronunciò solo tre parole: ”Mi sono sbagliato” indi girò le spalle e preso Grow per mano si avviò verso casa.
Fatti alcuni passi di bloccò e girandosi si rivolse a Jego nel frattempo accomodatosi nell’erba a fianco di Yul:
“Dimentica tutto quanto ho detto ragazzo, è difficile per me ammetterlo, ma ero completamente fuori strada, non avevo capito”.
Jego alzò una mano in silenzio.
Il connestabile e suo figlio sparirono alla vista.
Yul domandò: “E ora?”
“Ora potremo vivere in pace Fratello, quello che hai fatto ha sistemato tutto”.
La risposta laconica non tardò ad arrivare: “E’ un cucciolo, deve vivere”.

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                                     continua…

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