La Taverna del porto

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Lunghi giorni.
un po’ di tedio assale.
In porto la prima meta è la taverna.

 

Nella taverna
piena di fumo basso,
con l’odore del vino
che aleggia greve,
un giovane ed un vecchio.
“Dimmi vecchio,
come hai fatto a perdere
quell’occhio che copri
con il cuoio,
il braccio, chi te l’ha tagliato? ”
La voce – cardine arrugginito –
viene inaspettata
quasi fosse di un altro.
L’unico occhio, appannato,
rincorre onde ormai lontane.
“L’occhio? una battaglia
il braccio? un’altra.
Di legno in legno
non è il tuo corpo
che si consuma
non sono le lotte
che te ne portano via dei pezzi
fino a renderti un relitto
no ! non è quello
che si deve raccontare.
Ogni giorno il tuo cuore
diventa più duro, più arido
per la vita che devi vivere.
E’ lei la grande nemica,
non basta spada,
non pugnale
per sconfiggerla.
Lei t’insegue, inesorabile,
sapendo che un giorno
potrà consegnarti
alla sua nera sorella.
Lotti, sapendo che perderai.
Cerchi vino, donne, avventure,
per illuderti di vincere
poi con il cuoio dentro al petto
urli la tua rabbia
ma riesci a spaventare solo i gabbiani.
Nel mormorio intorno
la voce si perde.
“Tu sei pazzo vecchio!
il vino bevuto è stato troppo
ed ora dici scemenze!
Hei, vecchio ! vecchio, mi senti ? ”
Sulla tavola della taverna
simile ad una tolda
un vecchio marinaio
è salpato per l’ultimo porto.

 

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